mercoledì 11 maggio 2022

domenica 20 settembre 2015

venerdì 20 gennaio 2012

venerdì 21 ottobre 2011

martedì 30 agosto 2011

Lavoro
UN DIRITTO DEL LAVORO SCHIZOFRENICO
di Tito Boeri e Pietro Garibaldi 30.08.2011
La manovra di agosto ormai non c'è più. Ma dovrebbe rimanere in vigore l'articolo 8 che legittima gli
accordi aziendali su flessibilità dei contratti di lavoro, organizzazione del lavoro e recesso dal
rapporto di lavoro. Il testo non è di semplice interpretazione, ma potrebbe prevedere una deroga
dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. La disciplina dei licenziamenti sarebbe così modificata,
creando una situazione paradossale e dando luogo a un contenzioso infinito. Non è certo questo il
modo di riformare le normative su assunzioni e licenziamenti. E la legge deve servire a definire diritti
minimi non derogabili.
Il decreto approvato il 12 agosto dal Consiglio dei ministri, all’articolo 8, contiene una norma relativa
alla legittimità di accordi aziendali in materia di flessibilità dei contratti di lavoro, organizzazione del
lavoro e recesso dal rapporto di lavoro di difficile interpretazione, al punto che i giuristi non si
riescono a mettere d’accordo sul suo significato. In particolare, il comma e) recita che i contratti
aziendali con validità erga omnes su tutti i lavoratori dell’azienda possano regolare anche le
“modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e
continuative a progetto e le partite Iva, la trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle
conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento
discriminatorio e il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio”.
ANCORA PIÙ INCERTEZZA
Non è chiaro se queste norme stabilite dalla contrattazione aziendale possano derogare a quelle di
legge, a partire dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Presumibile che diano luogo a dispute
interminabili accentuando ulteriormente l’incertezza che regna nell’interpretazione del nostro diritto
di lavoro, come sostenuto da Pietro Ichino sulle colonne del Corriere della Sera il 26 agosto.
Supponiamo comunque che prevalga l’interpretazione più estrema e cioè che l’articolo 8 del decreto
legge del 13 agosto 2011 possa davvero derogare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Se così
fosse, la disciplina dei licenziamenti in Italia sarebbe modificata e ci si troverebbe in una situazione
paradossale e quasi schizofrenica. Da un lato, il famoso articolo 18 dello Statuto dei lavoratori rende
quasi impossibile il licenziamento senza giusta causa. Da un altro lato, il nuovo articolo 8 potrebbe
Page 1/2
http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002520.html
rendere lecito un accordo aziendale che prevede licenziamenti individuali e collettivi non più
impugnabili dai singoli individui, derogando così allo stesso articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Questo modo di concepire il ruolo della contrattazione aziendale è sbagliato. Vediamo perché.
QUALI DEROGHE HANNO SENSO?
È giusto che i contratti di lavoro aziendali possano derogare alle disposizione dei contratti collettivi
nazionali, come peraltro previsto dall’accordo tra le parti sociali del 28 giugno 2011. Il punto
fondamentale è che bisogna distinguere tra deroga dei contratti nazionali e deroga di una legge
dello Stato. Se azienda e lavoratori si accordano, per ragioni organizzative o anche solo per
salvaguardare posti di lavoro, su un livello salariale inferiore a quello stabilito dal contratto
nazionale, è bene che tale deroga sia lecita. Ma quando imprese e lavoratori si accordano su
deroghe a una legge dello Stato, si crea una situazione complicata e paradossale. Il singolo
lavoratore che si trovasse coinvolto in un licenziamento previsto da un accordo aziendale
perderebbe il diritto di impugnare tale licenziamento? È davvero una situazione troppo confusa e
che non può che aumentare il contenzioso. Ma in realtà è anche paradossale: è come se in materia
di diritto familiare la legge dello Stato, da un lato, vietasse il divorzio, ma al tempo stesso
concedesse ai coniugi il diritto di derogare dalla legge di Stato con un accordo tra le parti.
DALLE DEROGHE AGLI STANDARD MINIMI
Non è la prima volta che il nostro diritto del lavoro permette che alcune leggi dello Stato siano
derogabili dalla contrattazione collettiva. Sin qui, i margini di derogabilità erano stati comunque
fortemente circoscritti. Nell’accezione più radicale dell’articolo 8 si rende invece di fatto derogabile l’
intero diritto del lavoro.
Come economisti facciamo fatica a capire perché una legge dello Stato dovrebbe essere derogabile
soltanto dalla contrattazione collettiva e non dalla contrattazione individuale. Delle due una. O le
leggi dello stato in materia di lavoro si possono derogare tra un accordo tra le parti (siano essi
collettivi o individuali) o non si possono derogare. Noi preferiamo la seconda impostazione e
pensiamo che il principio delle deroghe andrebbe rovesciato. Un mercato del lavoro più maturo
dovrebbe garantire dei diritti minimi e fondamentali attraverso una normativa superiore. È la
logica degli standard minimi che abbiamo più volte enfatizzato. Gli standard minimi dovrebbero
applicarsi a tutti i lavoratori, indipendentemente dall’esistenza di un contratto di lavoro di primo
(nazionale) o di secondo (aziendale) livello. I diritti minimi dovrebbero riguardare la disciplina dei
licenziamenti, la previdenza sociale e, secondo la nostra visione, anche il salario minimo, che
dovrebbe essere specificato per legge. In termini di contratto di lavoro, il contratto unico di
inserimento con tutele progressive garantirebbe alle imprese la flessibilità in entrata e ai lavoratori
un orizzonte di lungo periodo. Una volta stabiliti i diritti minimi non derogabili, le parti potrebbero poi
stabilire qualsivoglia accordo e contratto a livello nazionale o aziendale, integrando ma non violando
queste disposizioni. Sarebbe una strada certamente più semplice e più trasparente anche per
riformare le nostre normative su assunzioni e licenziamenti, ma le cose semplici non interessano
quasi mai la politica economica italiana.
Page 2/2
http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002520.html

lunedì 22 novembre 2010

domenica 3 agosto 2008

mercoledì 4 giugno 2008

Dazebao l'informazione on line Tutto ciò che dovreste sapere sul caso Rete4 – Europa7

Dazebao l'informazione on line Tutto ciò che dovreste sapere sul caso Rete4 – Europa7

Francesco Rigatelli

Francesco Rigatelli: "Sorrentino

Ospite ad Annozero venerdì scorso, il regista de Il Divo, ha spiegato come ha pensato di girare il suo film. «Partendo dalla realtà, ho fatto col linguaggio cinematografico una raffigurazione grottesca della politica italiana. Ma ora succede che la gente mi dice che invece è reale e dunque si vede che in Italia la politica è davvero grottesca». Considerazioni molto interessanti, che arricchischino il dibattito avvenuto su queste pagine nei giorni scorsi. Sulla frase di Paolo Sorrentino qui siamo d’accordo in parte. Non c’è dubbio che la politica italiana presenti molti difetti. Ma è anche vero che la gente è lontana dalla realtà, dalla consapevolezza di cosa sia davvero la politica. Grande colpa ce l’hanno scuola e tv. Ma anche gli stessi italiani.

Ora, aggiungiamo che dare in pasto ad un paese così un film come Il Divo sia una scelta discutibile. Perché gli spettatori senza adeguati strumenti culturali lo possono scambiare per la realtà. Insomma, nessuno sostiene che un film non abbia il diritto di essere considerato solo tale e possa dunque essere grottesco o fantasioso. Ma anche il cinema oggi è coinvolto nel caos generale. E Sorrentino doveva immaginare che nel paese dove, come ha ricordato Paolo Mieli ad Annozero, «ha fatto più discutere dell’unità d’Italia Il Gattopardo"

Il nucleare e gli eccessi di entusiasmo - LASTAMPA.it

Il nucleare e gli eccessi di entusiasmo - LASTAMPA.it